Intervista su Guitar Cook

Alberto come hai cominciato a suonare la chitarra?

Veramente devo ammettere un piccolo segreto mai svelato, nasco come pianista! Poi, nell’età giusta, capii che la chitarra acustica aveva un grande potere di seduzione e che francamente era molto più comoda da gestire, specie per qualche concertino estemporaneo, magari in riva al mare…. Mi manca talvolta la sicurezza di una preparazione classica, e posso dire che la mia è una vera esperienza “on the road”, che mi ha sempre dato la possibilità di sviluppare l’intuito e la capacità di improvvisare. Ricordo che il mio primo strumento fu una scassatissima chitarra di marca non meglio identificata prestatami da un cugino, presto rimpiazzata da una Eko Ranger! Erano tempi “eroici”, in cui il tecnicismo non era esasperato come lo è adesso, e ti sentivi un mago nel rifare brani dei “maestri” della chitarra acustica di allora come Stephen Stills o Cat Stevens, James Taylor o John Renbourn.

Sono questi i chitarristi che ti hanno influenzato maggiormente?

Tieni conto che stiamo parlando di almeno 30 anni fa! Di musica ne ho ascoltata sempre molta quindi molti input hanno in ogni caso interagito fra loro; ti posso citare comunque Jorma Kaukonen, Mark Knopfler nelle perle acustiche rintracciabili in alcune sue colonne sonore. Ascolto (ma non so se ne sono stato influenzato) gli Acoustic Alchemy, Bruce Becvar, William Elwood, Eric Tingstadt; mi piacciono molto, anche se molto diversi fra loro, due grandi in assoluto della chitarra acustica che fra l’altro mi onorano della loro amicizia, cioè Tommy Emmanuel e Ed Gerhard. Nel mio lettore girano spesso Pat Metheny, Brian Eno, Jon Mark e molta musica celtica. Non posso dimenticare infine gli italiani Riccardo Zappa, Pietro Nobile, Franco Morone e Beppe Gambetta.

Come si esplica la tua attività di musicista?

Oltre ad un’intensa serie di concerti da solo o con un gruppo acustico-elettrico, posso dire di avere una discografia abbastanza nutrita: dopo due “ellepi” (ebbene sì, il vecchio caro vinile) come cantautore negli anni ’80, capisco che la mia via è quella della musica strumentale e da qui nascono 5 dischi, due dei quali sono stati votati dalla rivista “STEREO” come migliori albums di musica strumentale italiana rispettivamente nel 1998 e 1999. L’ultimo si intitola “Dolomia”: per la verità la componente tastieristica è predominante, ma indispensabile per descrivere e caratterizzare le sensazioni di “immersione” totale nelle più belle montagne del mondo. Nei miei dischi ho sempre cercato alcuni “little helps from my friends” e devo dire che i sapienti tocchi di artisti quali Riccardo Zappa, Pietro Nobile, Werner Bauhofer, Rino Zurzolo, James Thompson e molti altri sono stati importantissimi per creare le atmosfere che cercavo. Altri dischi sono nati dalla collaborazione con Capitanata, un musicista-pittore di Trento con cui ho un grande rapporto sia artistico che umano, e sono dedicati all’Ayurveda, una pratica che deriva dall’antica medicina indiana ed al Reiki. Veniamo stampati e distribuiti dalla Oreade, casa discografica olandese che ci distribuisce in tutto il mondo. Per finire, brani miei vengono usati da linee aeree (Alitalia, Air Europe) , film, documentari, RAI (Overland, Sereno Variabile) e nella pratica medica come musicoterapia, in ospedali ed università per test sul rilassamento e sulle variazione della percezione del dolore.

Parlaci delle accordature aperte, di cui fai largo uso.

E’ passato qualche annetto da quando un amico mi spiegò che “Don’t let it bring you down” di Neil Young si suonava con i due MI abbassati a RE, e da quel momento, come ha detto David Crosby, sei sull’orlo del baratro. E’ vero, è un universo di emozioni affascinante dal quale, se sei un chitarrista acustico, è difficile staccarsi. Ma come ben sai, tutto ciò ha radici ben piantate nella storia, come il DADGAD per la musica celtica o le accordature aperte (open D e open G) per il country ed il blues. Da qui in poi molti chitarristi hanno personalizzato le loro accordature, tipo i già citati Crosby (provate il baratro di un DGDDAD nella canzone “Laughing”) e Stills che ha spesso usato il DADGBD o il DDDDAD (!). Altri grandi sperimentatori delle alternate tunings sono Michael Hedges e Leo Kottke , Joni Mitchell , Alex de Grassi e Franco Morone. Anch’io da anni sperimento alternative all’accordatura tradizionale, per questa grande possibilità di sonorità diverse ed arrangiamenti personalizzati che si possono ottenere e che spesso con la tradizionale è impossibile diteggiare. Uso moltissimo la EGDGBD, che corrisponde ad un open G con il Mi basso che rimane Mi: questa situazione mi permette di suonare anche gli accordi in minore, possibilità in genere negata dalle accordature “open”; non credo di averla inventata io, ma mi piace pensarlo! Mi piace molto usare altresì la DADGAD,la DADGBD, la DADF#AD(open D), la EBDGAD e la CGDGBE.

Parlaci della tua strumentazione

Cominciamo dalle corde: da alcuni anni uso le Dogal, uno dei nomi più antichi e con maggiore tradizione a livello internazionale, che fornisce la “materia prima” per tutti gli strumenti a corda, dalle mandole ai sitar, dai contrabbassi alle steel guitar. La scalatura che abbiamo studiato è 12 – 15 –23 – 32 – 42 – 53, molto buona anche per le accordature aperte che uso: hanno bassi pieni ed alti squillanti per una lunga durata e tengono molto bene l’accordatura. A livello di elettronica uso il multieffetto Lexicon MPX1, un pre che ho customizzato insieme a Marco Brunetti ed un pickup Rare earth che affianco al piezo di alcune chitarre..

E per quanto riguarda le chitarre?

Attualmente sono tutte acustiche, anche se elettrificate in varie maniere. Partiamo da quella a cui forse sono più affezionato, che è una vecchia Gibson Chet Atkins, poi posseggo due Ovations, una collector’s 1994 ed una Viper ed una Breedlove Ed Gerhard.Ma devo dire che da pochi mesi uso solo una fantastica chitarra che non è ancora importata in Italia: si chiama Mc Pherson.. Il suono è a dir poco…..stratosferico, grazie al piezoelettrico brevettato dalla stessa liuteria, che per la prima volta per quanto so non dà il solito “soffio” sulle frequenze alte ed ha una pienezza di bassi veramente inusuale per questo tipo di trasduttore. E’ un redwood/rosewood, cioè al palissandro affianca un preziosissimo e raro legno di sequoia che dà un tono molto dolce ma allo stesso tempo pieno e squillante. Ha la caratteristica di avere la buca nella parte superiore del piano armonico, che conferisce una bella presenza dei bassi ed elimina praticamente il feedback.

Il momento più bello della tua carriera?

Voglio pensare che debba ancora arrivare! I più emozionanti comunque sono stati quando nel 99 ho fatto la spalla a James Taylor e quando nel 2000 sono stato invitato sul palco a suonare come ospite dei mitici Byrds. Ancora, nel 2003 ho suonato al più importante festival europeo della chitarra, che si tiene a Issoudun, in Francia e in vari altri festival quali Folkest, festival del Mediterraneo, Mostra del cinema di Venezia ecc.. In ogni caso è molto importante continuare a provare emozioni anche solo nell’imbracciare questi magici pezzi di legno.

E la tua collaborazione con l’ADGPA?

Dare impulsi positivi ad una situazione così stagnante come quella chitarristica in Italia è appannaggio di pochi “pionieri”. Anche se il target è tutt’altro che limitato, è certo che gli incentivi sono miseri per chi voglia lavorare in questo senso e spesso è si è costretti all’improvvisazione e alle quattro lire di uno sponsor distratto, con scarsi budget o poco motivato. In altri stati come USA, Francia o Germania la situazione a livello di sovvenzioni e patrocini è molto diversa. Non prendermi per un opportunista, ma voglio dirti che è bello avere un’ADGPA che organizza spettacoli, seminari, ti fa conoscere colleghi, scambiare opinioni e mantenere costantemente un filo diretto fra membri di una comunità di veri appassionati. Grazie a Marino Vignali, presidente dell’ADGPA, ci sarà a Castelbrando, uno splendido castello a Cison di Valmarino, piccola perla della provincia di Trevoiso, un meeting internazionale fra l’1 ed il 4 giugno. Conferenze, workshop, seminari, concerti serali, degustazioni in musica, esposizione di liutai e chi più ne ha più ne metta!!

Cosa hai in cantiere per il futuro?

Un disco con l’amico Simone Chivilò grande chitarrista e produttore, già collaboratore di Massimo Bubbola, Radiofiera ed altri, dedicato… ai migliori vini d’Italia! Abbiamo già finito i missaggi e stiamo valutando diverse situazioni che sono già state suscitate da quest’ idea. Dal punto di vista musicale devo dire che è molto acustico, coadiuvato qua e là da batteria, contrabbasso, tastiere, ed un po’ di percussioni che lo rendono molto vivace, sicuramente molto meno “new age” e più acoustic-rock di certi miei precedenti. Il titolo è “Organolettico”.

Sappiamo che sei un cuoco creativo….una ricetta ambient in esclusiva per guitarcook.com!!

Con piacere ti rispondo: devo innanzitutto dirti che per me la cucina è una grossa fonte di relax e spesso, in occasione di cene con amici, mi diletto a preparare qualcosa di personale… in tanti anni posso dire di non avere mai seguito una ricetta, ma di essermi sempre fidato del mio occhio clinico! Sempre con accompagnamento di ottima musica, proprio sabato scorso mi sono ascoltato tutto Simon & Garfunkel. Una ricetta semplice ma non troppo potrebbe essere un antipasto di pesce con gamberoni e zuppa di fagioli. Innanzitutto la zuppa: il fagiolo è modesto e nutriente, ma attenzione perché ti frega con facilità. Per una buona zuppa il fagiolo deve essere tenuto in pentola molte ore, in compagnia di una bella scorza di Parmigiano, di abbonante rosmarino tritato con la mezzaluna e possibilmente con una cotica, o cotenna di maiale. Attenzione al fuoco che deve essere bassissimo, in questo modo si forma una crema a poco a poco senza che si formi sul fondo uno strato di bruciato che ti rovina tutto il lavoro di ore e ore… Volendo può essere grattugiata un spruzzatina di radice di zenzero, ma rischi di mascherare troppo il fantastico sapore del fagiolo. Procuriamoci poi dei grossi gamberoni da passare in padella di ferro ( non di quelle antiaderenti!) con un filo d’olio extravergine ed uno spicchio d’aglio. La padella deve essere ben rovente in modo da scottare bene il gamberone in poco tempo, facendogli fare una bella crosticina senza ridurlo troppo di grandezza: ovvio che deve essere stato prima decorticato con cura! Alle fine della cottura una bella spolverata di curry, mi raccomando di buona qualità. Stendi sul piatto la zuppa ( il fagiolo può essere passato oppure rimanere in parte intero, dipende dai gusti ) e sopra vanno versati i gamberoni, poi un filo d’olio a crudo e via. Non troppo caldi, il tiepido amplifica il sapore meglio di un Marshall! Abbinerei con un Soave od uno Chardonnay friulano, meglio se lievemente barricato.