Intervista a New Age 2005

Come nasce musicalmente Alberto Grollo?

Veramente devo ammettere un piccolo segreto mai svelato, nasco come pianista, infatti da piccolo ho cominciato a studiare musica classica, ma ad un certo punto l’impatto con lo spartito mi ha un po’ demotivato tanto da farmi allontanare dallo studio cosiddetto “serio”! Poi, nell’età giusta, capii che la chitarra aveva un grande potere di seduzione e che francamente era molto più comoda da gestire, specie per qualche concertino estemporaneo, magari in riva al mare….Ricordo che il mio primo strumento fu una scassatissima chitarra di marca non meglio identificata prestatami da un cugino, presto rimpiazzata da una Eko Ranger! Erano tempi “eroici”, in cui il tecnicismo non era esasperato come lo è adesso, e ti sentivi un mago nel rifare brani dei “maestri” della chitarra acustica di allora come Stephen Stills o Cat Stevens, James Taylor o John Renbourn.

Sono queste le tue influenze più significative, quindi?

Tieni conto che stiamo parlando di almeno 25 anni fa! Di musica ne ho ascoltata sempre molta quindi molti input hanno in ogni caso interagito fra loro; ti posso citare comunque Jorma Kaukonen, Mark Knopfler nelle perle acustiche rintracciabili in alcune sue colonne sonore. Ascolto (ma non so se ne sono stato influenzato) gli Acoustic Alchemy, Bruce Becvar, William Elwood, Eric Tingstadt; mi piacciono molto, anche se molto diversi fra loro, due grandi in assoluto della chitarra acustica che fra l’altro mi onorano della loro amicizia, cioè Tommy Emmanuel e Ed Gerhard. Nel mio lettore girano spesso Pat Metheny, Jan Garbarek, Brian Eno, Jon Mark e molta musica celtica. Non posso dimenticare infine gli italiani Riccardo Zappa, Pietro Nobile e Beppe Gambetta.

Come si esplica la tua attività di musicista?

Oltre ad un’intensa serie di concerti da solo o con un gruppo acustico-elettrico, posso dire di avere una discografia abbastanza nutrita: dopo due “ellepi” (ebbene sì, il vecchio caro vinile) come cantautore negli anni ’80, capisco che la mia via è quella della musica strumentale e da qui nascono sei dischi, due dei quali sono stati votati dalla rivista “STEREO” come migliori albums di musica strumentale italiana rispettivamente nel 1998 e 1999. Gli ultimi due si intitolano rispettivamente “Dolomia” e “Dolomiti legend”: appare chiara la mia necessità di rivolgere un tributo solenne all’incommensurabile fascino delle nostre più famose montagne. Per la verità in questi ultimi due album la componente tastieristica è predominante, ma indispensabile per descrivere e caratterizzare le sensazioni di “immersione” totale nelle più belle montagne del mondo. Nei miei dischi ho sempre cercato alcuni “little helps from my friends” e devo dire che i sapienti tocchi di artisti quali Riccardo Zappa, Pietro Nobile, Werner Bauhofer, Rino Zurzolo, James Thompson e molti altri sono stati importantissimi per creare le atmosfere che cercavo. Altri quattro dischi sono nati dalla collaborazione con Capitanata, il musicista-pittore di Trento con cui ho un grande rapporto sia artistico che umano, e sono dedicati all’Ayurveda ed al Reiki, una pratica che deriva dall’antica medicina indiana. Per finire, brani miei vengono usati da linee aeree (Alitalia, Air Europe) , film, documentari, RAI (Overland, Sereno Variabile) e nella pratica medica come musicoterapia, in ospedali ed università per test sul rilassamento e sulle diversa percezione del dolore.

Parlaci delle accordature aperte, di cui fai largo uso.

E’ passato qualche annetto da quando un amico mi spiegò che “Don’t let it bring you down” di Neil Young si suonava con i due MI abbassati a RE, e da quel momento, come ha detto David Crosby, sei sull’orlo del baratro. E’ vero, è un universo di emozioni affascinante dal quale, se sei un chitarrista acustico, è difficile staccarsi. Ma come ben sai, tutto ciò ha radici ben piantate nella storia, come il DADGAD per la musica celtica o le accordature aperte (open D e open G) per il country ed il blues. Da qui in poi molti chitarristi hanno personalizzato le loro accordature, tipo i già citati Crosby (provate il baratro di un DGDDAD nella canzone “Laughing”) e Stills che ha spesso usato il DADGBD o il DDDDAD (!). Altri grandi sperimentatori delle alternate tunings sono Michael Hedges e Leo Kottke , Joni Mitchell , Alex de Grassi e Franco Morone. Anch’io da anni sperimento alternative all’accordatura tradizionale, per questa grande possibilità di sonorità diverse ed arrangiamenti personalizzati che si possono ottenere e che spesso con la tradizionale è impossibile diteggiare. Uso moltissimo la EGDGBD, che corrisponde ad un open G con il Mi basso che rimane Mi: questa situazione mi permette di suonare anche gli accordi in minore, possibilità in genere negata dalle accordature “open”; non credo di averla inventata io, ma mi piace pensarlo!

Parlaci della tua strumentazione

Cominciamo dalle corde: da alcuni anni uso le Dogal, uno dei nomi più antichi e con maggiore tradizione a livello internazionale, che fornisce la “materia prima” per tutti gli strumenti a corda, dalle mandole ai sitar, dai contrabbassi alle steel guitar. Le chitarre che normalmente uso in questo momento sono la mitica elettroacustica Gibson Chet Atkins, una fantastica Breedlove, dai toni caldi e molto”new age”, ma ho in studio con un liutaio americano molto bravo una chitarra che probabilmente vedrà la luce verso fine anno e sarà una vera novità nel campo dello strumento elettrificato. A livello di elettronica uso il multieffetto Lexicon MPX1, un preamplificatore che ho customizzato insieme a Marco Brunetti ed un pickup Rare earth che affianco al piezo di alcune chitarre..

Il momento più bello della tua carriera?

Voglio pensare che debba ancora arrivare! I più emozionanti comunque sono stati quando nel 99 ho fatto la spalla a James Taylor e quando sono stato invitato sul palco a suonare come ospite dei mitici Byrds. Una serata indimenticabile è stata l’anno scorso nell’ ambito del famoso festival Folkest in cui ho diviso il palco con Carlos Nunez: non avrei mai immaginato di ricevere una tale carica di energia e di intensa professionalità, senza contare la immediata simpatia della persona. Un altro momento veramente topico della mia esperienza musicale è il rapporto che Capitanata ed io abbiamo con la casa discografica olandese “Oreade”, leader europeo della musica strumentale. Per quest’ etichetta abbiamo pubblicato il nostro “REIKI HEART” che ci ha proiettati nei negozi di dischi di tutto il mondo. In ogni caso è molto importante continuare a provare emozioni anche solo nell’imbracciare questi magici pezzi di legno.